C’era una volta un cane di nome Leo.
Non era grande, non era piccolo. Era giusto Leo. E quando correva nel giardino, sembrava che la felicità avesse quattro zampe e una coda a elica.
Leo aveva una pallina rossa.
Era la pallina. Non una qualsiasi. Aveva un graffietto a forma di nuvola, un profumo di biscotto vecchio e un suono scricchiolante che a Leo sembrava una risata.
La teneva sotto la zampa quando dormiva. La trascinava accanto alla ciotola. A volte ci parlava. (O almeno così sembrava).
Ma un mattino – un lunedì, per la precisione – la pallina sparì.
Leo la cercò subito sotto il cuscino, tra i vasi, nel vaso più grosso, nel vaso più piccolo, e perfino nel barattolo delle crocchette (che comunque controllava sempre volentieri).
Niente. Scomparsa.
Al suo posto, un’aria sospetta e una foglia secca.
Leo capì che non era un caso da risolvere da solo.
Così andò da Tito il Tasso, che viveva nel buco vicino alla siepe.
— Hai visto la mia pallina? — chiese Leo.
Tito sollevò il muso infangato.
— Se fosse passata da qui, avrei sentito l’odore. Ma ho annusato solo la noia. Forse dovresti cercare dove si nasconde il vento.
Il vento?
Leo non sapeva bene dove cercarlo, ma si mise in cammino.
Sul tetto del capanno trovò Gilda la Gatta, regina dei salti e delle pause.
— Gilda, per caso il vento ti ha portato una pallina rossa?
— Il vento mi porta solo piume e pensieri. Ma se fosse una pallina che rotola…
— Sì!
— …allora potrebbe essere scesa nel canaletto.
Leo scese giù, con la coda un po’ più bassa.
Nel canaletto trovò solo un ruscello pigro e un rospo filosofo.
— Sei sicuro che sia scomparsa? — gracchiò il rospo.
— Certo! Era lì ieri!
— E se fosse solo andata a fare un giro? Come fai tu?
Leo si sedette. Non aveva pensato che anche le palline potessero avere una vita segreta.
Tornò a casa con le orecchie basse.
Si accucciò davanti alla porta.
E proprio allora…
TUMP.
Qualcosa lo colpì sulla zampa.
Qualcosa di tondo.
Qualcosa di scricchiolante.
Qualcosa con un graffietto a forma di nuvola.
La pallina!
Dietro di lei, Luna, la sorellina umana di casa, con un sorriso colpevole e le mani impiastricciate di merenda.
— Scusa Leo, volevo solo farle vedere il mondo.
Leo guardò la pallina. Poi guardò Luna. Poi fece la cosa più saggia del giorno: le saltò addosso e le leccò tutta la faccia.
Il mistero era risolto.
La pallina era tornata.
E Leo capì che anche gli oggetti che ami possono avere voglia di un’avventura… purché tornino a casa a giocare con te.